romanticismo
/ro·man·ti·cì·ṣmo/
sostantivo maschile
1.Moto spirituale europeo di notevole complessità che tra la fine del sec. XVIII e i primi decenni del sec. XIX, contrapponendosi all’illuminismo in filosofia e al classicismo in campo artistico e letterario, ripropose, non senza contraddizioni e ambivalenze, l’idea di libertà come fondamentale esigenza dell’individuo, affermando conseguentemente l’importanza ideale della tradizione e del genio dei singoli popoli, l’aspirazione soggettiva alla religiosità, il carattere istintivo e fantastico della creazione artistica e letteraria.
“r. filosofico”
2.La presenza di caratteri propri del romanticismo in determinati esponenti della cultura o dell’arte di quel periodo storico: il r. del Manzoni; estens., l’interpretazione eroica o primitiva delle forze umane e naturali, o anche l’impronta drammatica o patetica riscontrabile in artisti o letterati di altre epoche.
“il r. di Omero”
3.Da una semplificazione estrema dei caratteri del movimento storico, il termine passa a designare ogni atteggiamento o aspetto connesso alle suggestioni e alle aspirazioni vaghe del sentimento, alle commozioni e agli incanti della fantasia.
Posso dirmi sufficientemente ferrata sul romanticismo filosofico e su quello letterario ma meno su quello applicato ai sentimenti.
Se oggi sentiamo dire che una persona è una romantica pensiamo subito tutti che un po’ è sfigata, dai. Lo associamo ai baci perugina, alla rosa blu di San Valentino e altre cose che dai no, non fanno per noi.
Ma abbiamo totalmente demolito l’idea di romanticismo perché davvero non ci piace o perché non ci sentiamo legittimati ad averle determinate aspettative?
Quando una ragazza dice di essere felice per un gesto romantico da “poco” che può essere per esempio essere riportata a casa dopo un appuntamento la reazione è “ma come siete abituate?”.
Ecco, così.
Non penso di essere particolarmente sfortunata io, ho tantissime amiche con esperienze simili. Il processo di dating è sempre più ridotto a una serie di passaggi obbligati in cui per il romanticismo c’è poco spazio.
Forse è anche perché non si va spesso oltre ai primi due appuntamenti quindi ci si conosce ancora poco e non vogliamo sbilanciarci, nessuno vuole mostrarsi più interessato dell’altro.
Nell’obbligarci a non aspettarci nulla siamo diventati forse tutti un po’ più e vuoti e freddi di quel che realmente saremmo, anche.
Io mi rendo conto di essere estremamente romantica con la persona che mi piace ma sotto sotto ho sempre paura di poter risultare eccessiva.
Ho paura di essere appiccicosa, di sembrare troppo bisognosa di attenzioni.
Quindi no certo che non devi riportarmi a casa e me ne vado a piedi. No che non voglio che mi regali dei fiori figurati, poi muoiono che peccato.
Non voglio ammettere che qualcosa di più mi piace, che avere delle attenzioni di un determinato tipo mi fa fare le fusa come un gatto.
È più facile andare nel flow di queste relazioni fluide, senza impegno, in cui si figurati frequentiamo altre dieci persone insieme che vuoi che mi importi.
Meno complesso guardare i gesti d’amore plateali o meno (i flash mob per le proposte di matrimonio non mi piacciono, sia chiaro) che ricevono gli altri e fingere che no, a noi proprio quella roba lì fa schifo.
Se ripenso alle mie relazioni passate però, anche quelle finite male, custodisco con immenso amore i piccoli grandi gesti romantici.
Dalla persona che mi ha aspettata ore sui gradini fuori dell’aula dopo la mia prima giornata di lezione universitaria, al lasciare in giro per la mia stanza dei segni che me l’avrebbero ricordata.
Ecco, ho confessato: sono romantica e non me ne vergogno (solo un po’).
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