L’altro ieri vi ho parlato di come io faccia fatica a rallentare i ritmi anche in questo periodo. Forse soprattutto in questo periodo.
Tra le abitudini di questo periodo vi dicevo anche che ho inserito il mettermi in terrazzo ad abbronzarmi.
Il post di oggi nasce da una serie di riflessioni che non interessano nessuno se non a me, non ve lo consiglio particolarmente devo dire.
Da piccola odiavo abbronzarmi. Non mi mettevo sicuramente sdraiata al sole ma passando tre mesi al mare buttata in acqua o sulla spiaggia a fare i castelli di sabbia era piuttosto inevitabile.
Non mi piaceva abbronzarmi perché mi vedevo troppo scura e da troppo scura si vedeva inevitabilmente di più che sono metà indiana o almeno questo era il ragionamento che facevo all’epoca in cui non avevo ancora fatto troppa pace con le mie origini.
Sfido chiunque a fare pace con il proprio essere un po’ esotica in una città come Bergamo nei primi anni duemila, specialmente qualcuno di un po’ troppo sensibile come me.
Poi sono arrivati gli anni delle vacanze con le amiche dove massimizzare l’abbronzatura era sicuramente nella top 5 degli obiettivi della vacanza.
Mi sono resa conto che probabilmente da abbronzata probabilmente sembro più siciliana che indiana e in fondo anche chissenfrega.
Stare lì sdraiata però mi è sempre sembrato infinitamente tedioso. Ho iniziato a sopportarlo perché parlando con qualcuno con cui mi piace stare passa tutto decisamente più in fretta.
Comunque non uno dei miei passatempi preferiti, intendiamoci. Però tra due -o venti- chiacchiere, il kindle e la stessa playlist dal 2014 mi è diventato quasi sopportabile.
Ma è in questi giorni assurdi che mi sono resa conto del potere che ha su di me starmene buttata al sole per un po’, anche solo un’oretta al giorno.
Ho iniziato a farlo perché l’anno scorso ho saltato le mie tre settimane di aria, sole e amore e quindi il mio colorito era ormai grigio.
Quindi ho iniziato come se fosse un compito a casa, per migliorare un po’ il colorito e per la fucking vitamina D ignorando se effettivamente basti prendere il sole per assumerne ma okay.
I primi giorni ero assolutamente insofferente, stendermi a sudare senza neanche un minimo di compagnia (poi un giorno me ne è caduta dal cielo ma questa è un’altra storia) mi sembrava una tortura.
Però poi mi sono messa a leggere e quell’oretta è diventata un’oretta e mezza senza troppa fatica e alcuni giorni mi sono addirittura sdraiata anche una volta finito il lavoro e fuori dal mio spazio dedicato nella pausa pranzo.
Poi mi sono accorta che non mi stavo abbronzando al collo e mi sembrava di essere una mia compagna del liceo con il viso cinque toni più scuro per il fondotinta non sfumato e ho pensato che forse sarebbe stato meglio prendere il sole senza leggere.
Quindi mi sono trovata sdraiata senza libro, a prendere il sole e basta. Sempre con la protezione solare però perché va bene la vitamina D ma ci sono altre cose un po’ meno piacevoli e le rughe sono decisamente il minore dei problemi possibili. Però non voglio neanche troppe rughe e penso con maggiore affetto al botox ogni giorno quindi ecco, SPF 50 e via andare.
Quando ha piovuto settimana scorsa mi sono sentita male, nonostante io abbia sempre amato la pioggia. Allora lì mi sono resa conto che probabilmente non lo stavo più facendo solo per non essere grigia in faccia.
C’è qualcosa nello stare sdraiata con una crema che profuma di giornate decisamente più felici spalmata addosso, nel tenere gli occhi chiusi e far finta di essere da un’altra parte perché ho il sole addosso. Qualcosa che mi fa stare bene, ecco.
Quindi, promemoria per la prossima quarantena: avere un posto dove poter prendere un pochino di sole.
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