Londra, per me. Non l’argomento più rilevante di cui io abbia mai parlato, capisco.
Se mi seguite sui social saprete che lo scorso weekend l’ho trascorso a Londra, insieme all’uomo che amo.
Poche ore ma molto intense.
In questo post vi ho parlato di cosa significhi questa città ma ho pensato di parlarne anche sul blog, articolando un po’ di più quello che penso e provo ma soprattutto per fissare anche dentro di me determinate cose.
Riprendendo quello che ho scritto lì:
“Se c’è una cosa mainstream è Londra.
Ma mica ora con Instagram eh, mio padre mi dice sempre che negli anni ‘80 riconosceva gli italiani da due cose (una gli zaini Invicta).
Eh, mio padre.
Perché quando dico che daddy è indiano e la gente risponde “ah che bella l’india” io rispondo sì è bellissima ma mio padre è cresciuto qui.
Io sono venuta qui tantissime volte, la prima a pochissimi mesi per conoscere la sua famiglia (loro per conoscere me insomma).
Negli anni in cui faticavo ad accettare chi ero in una città chiusa e bigotta i viaggi a Londra erano una boccata d’aria.
Perché vedevo tantissime persone diverse che facevano tantissime cose diverse, mediamente fregandosene degli altri. Venivamo veramente tanto spesso e per questo mi ci oriento mediamente meglio che in posti dove ho vissuto anni.
Ora che ho capito quello che voleva dire mia mamma quando mi diceva che la mia unicità sarebbe stata un valore tornare qui è stato come immergersi in un ricordo e sì ne riconosco i difetti e sì capisco a chi non piace e no non ci vivrei ma va bene così”
Per la Suhrya che viveva a Bergamo e che passava le giornate a sentirsi fuori luogo arrivare lì e vedere come non lo fossi per nulla era un miracolo.
Nella mia quotidianità mio padre era l’unico uomo non bianco che vedevo in giacca e cravatta ogni giorno, i miei genitori l’unica coppia mista.
Mi sono sempre sentita bene lì.
Ogni volta era una piccola serie di miracoli, dal vedere donne che mi sembravano bellissime anche se non erano le biondissime bianchissime magrissime ragazze che ammiravo a casa, al vedere gente tatuata in faccia che fa qualsiasi tipo di lavoro.
Sono grande, ora. So che come vi dicevo prima non ci vivrei mai a Londra, perché è troppo cara sporca incasinata complicata.
So però che ci sono tornata e mi sono lasciata trasportare da quello che ha di bello da offrire, godendomi ogni secondo.
Non è più solo quel senso di libertà che provavo prima perché ho imparato a cercarmela ovunque, a rivendicare il mio spazio anche in situazioni in cui sono l’unica “diversa”.
Ho rivissuto alcune emozioni che non provavo da tempo, andando con Ale in punti della città che nei miei viaggi frequenti ormai trascuravo.
Ho riassaporato la bellezza di Regent Street con le luci di Natale.
Ho ritrovato tutto quello che la rendeva bellissima ai miei occhi ma soprattutto ho capito che ora riesco a portarmi quella bellezza a casa.
Che bel racconto grazie per aver condiviso questa storia. Non ho esperienze simili da condividere però di sicuro anche io mi rendo conto di quanta Bellezza si nasconda nella mia città natale solo quando ci porto mio marito.
Marta, grazie a te di averla letta <3