Ghosting o “Ha smesso di rispondermi” spiegato a mia madre.

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I disagi dell’essere single nel 2020 sono svariati. Dalla gente che ti chiede perché usi Tinder,  dall’aver così tanta scelta che manco scegli più, alla gente che si trasferisce appena inizia a piacerti perché va a cercare fortuna all’estero, ai like su instagram delle ragazze più fighe di te (scherzo, questo lo capisco).
Tra le cose che più mi fanno venire voglia di cancellare Tinder, smettere di uscire con uomini e dire a mia mamma di  non cercare più l’abito che potrebbe mettersi al mio matrimonio con un mio fidanzato immaginario c’è il fottuto ghosting.
Non è una parolaccia ma un fenomeno sempre più frequente e che mi fa sempre più schifo.

Ho una vita perfetta (no) ma faccio schifo: elenco delle mie cattive abitudini.

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A me piace la perfezione sui social. Mi piace vedere profili di persone con vite apparentemente meravigliose e prive di difetti.
 


Non mi fanno sentire peggio con me stessa esattamente come non mi fanno star male le vite felici dei miei amici, sono consapevole che ci siano comunque anche dei lati negativi.
 


Mi rendo anche conto che sia inevitabile dare un’immagine più  bella della realtà, esattamente come al lavoro vado truccata e pettinata anche nei giorni in cui vorrei andare in tuta e sporca di dentifricio in faccia (questo in realtà a volte succede ma non c’entra) così non faccio un video instagram in cui piango e mi lamento della vita ma piuttosto quando sono felice.
 


Oggi però vi racconto di qualcuna delle mie cattivi abitudini perché non posso pensare che crediate sia una persona migliore di quello che sono. Con una vita più bella okay ma migliore no, troppa finzione.
 


i am Suhrya

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Questo spazio è parte della mia vita da anni.   Ci ho parlato dei miei rossetti, dei miei viaggi, dei miei sogni, delle mie paure, dei miei fallimenti, dei miei

Del perché mi farei ancora mille tatuaggi e del perché non voglio che me li veda nessuno.

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Ho diversi tatuaggi, non posso dirvi esattamente quanti perché se disgraziatamente mia mamma dovesse leggere questo post e scoprisse esattamente quanti sono sarebbe il giorno in cui decide di smettere di parlarmi.
Ho iniziato a farli relativamente  tardi, il primo dopo i vent’anni.
Diverso tempo fa ho scritto un post parlandovi dei miei primi  cinque e di come me ne prendo cura.
Oggi voglio condividere qualche riflessione generale sul significato che hanno per me e qualche  altra chiacchiera.

New Year, Same Shit

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Il 2019 è stato un anno di merda.
Qualche settimana fa durante uno di quelli che è stato uno dei pochi momenti belli in questi mesi infernali ho finalmente conosciuto dal vivo una persona meravigliosa che conosciuto grazie al  blog.
Ho imparato a non dire “va tutto benissimooooo” (non vuol dire che io racconti tutti i cazzi miei alla gente che non conosco, sia chiaro) e quindi le ho detto che insomma no, il 2019 non è stato un bell’anno.
Lei si è detta stupita perché ecco su instagram sembro felice NO, È UNA BUGIA.

Natale, pranzi, altre rotture di palle (non necessariamente dell’albero)

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Stavo facendo un minimo di programmazione per i post del prossimo periodo -a che pro? chi mi legge? who cares? ma va beh andiamo oltre- e mi sono resa conto che Natale è vicinissimo. In realtà mentre voi leggete quel vicinissimo è oggi, la magia del planning.
Io mi starò preparando per lavorare nel ristorante di mia mamma come sempre negli ultimi anni e voi spero abbiate davanti a voi una giornata più piacevole della mia. Non penso di scrivere mai cose particolarmente utili ma oggi anche meno probabilmente quindi se decidete di passare oltre non mi offendo promesso.

Come se fosse il 2009: Wishlist.

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Vi ho già annoiati svariate volte con i racconti sul mio nuovo stile di vita minimal e privo di acquisti superflui, lo so.

 


Una conseguenza è che non c’è niente che io desideri, non davvero. Sembra assurdo se si pensa che ho praticamente smesso di comprare qualsiasi cosa e che quindi non mi tolgo sfizi da non so neanche quanto ma vi giuro che è proprio così.
 


Ho passato così tanto tempo a pensare a quanto poco uso quello che già ho che fatico a desiderare per più di tre secondi qualcosa, so che non mi serve o perlomeno non realmente.
 


Ecco una wishlist reale sarebbe: intervento per la miopia agli occhi, spazzolino elettrico, la cheratina per i capelli che sta finendo l’effetto.
 


Oggi però vi condivido tutte quelle cose totalmente inutili e troppo costose che comprerei se vincessi l’euromillions con i soldi rimasti dopo aver soddisfatto le necessità della mia famiglia e dei miei amici e aver costruito un canile e un ospizio. 
 


Il senso del post? Non c’è, giuro che non taggo le aziende sperando che impazziscano e me le mandino.
 


Immigrazione, appartenenza, altre parole di cui non so fare lo spelling

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Se mi leggete da un po’, qui o sui social, sapete già che io sono un mix di cose.
Mia mamma  è siciliana, cresciuta in Australia. Mio padre è indiano, nato in Uganda e cresciuto a Londra.
Io sono nata a Bologna, cresciuta a Bergamo, trasferita a Milano per gli anni dell’università e a Lugano tre anni fa.
Tutto molto bello in teoria ma forse un po’ meno in pratica.